Nel 2017 e nei primi mesi del 2018 sono tornati a crescere gli infortunio sul lavoro con esito mortale: 1029 (11 in più l’anno scorso, +1,1%, rispetto al 2016) e sono in aumento anche gli infortuni non mortali, soprattutto nelle Regioni economicamente più forti del Nord, come Lombardia (+1708 denunce) ed Emilia Romagna (+1177), seconda assoluta. Tutto questo secondo le denunce all’Inail pubblicate in queste ore dai quotidiani economici.

L’Osservatorio indipendente sulla sicurezza sul lavoro di Bologna calcola nei primi mesi del 2018, con aggiornamento fino al 1° aprile ben 154 morti sul lavoro, in aumento rispetto ai 133 censiti negli stessi mesi del 2017. E almeno altrettanti muoiono sulle strade e in itinere: ricorda l’ Osservatorio di Bologna che inserisce in statistica anche le persone che perdono la vita qualsiasi lavoro svolgano anche disponendo di coperture assicurative diverse da quelle dell’Inail o che, come spesso accade, essendone del tutto prive, come: lavoratori in nero, clandestini e sconosciuti al fisco.

Nella triste classifica dei morti sui luoghi di lavoro in Italia l’Emilia-Romagna si posiziona al 6° posto con 9 persone decedute.

“Da anni nel disinteresse degli ultimi governi non eletti dal popolo, abbiamo denunciato questa situazione. Come sindacato abbiamo attivato sportelli di ascolto e siamo in prima fila nella difesa dei lavoratori che appartengono a categorie usuranti. Da anni chiediamo l’abolizione o la riforma del Jobs act ‘renziano’ e della legge Fornero. Due provvedimenti devastanti perché hanno di fatto contribuito a far aumentare i morti sul lavoro”: commenta Tullia Bevilacqua, segretario generale dell’ Ugl Emilia-Romagna.

“Da un lato il Jobs act che ha abolito l’articolo 18 ha gettato i nuovi assunti nelle forme di precariato più umilianti e pericolose. Dall’altro l’aumento dell’età pensionabile ha costretto migliaia di persone a svolgere lavori pericolosi sempre più difficili da gestire a causa di acciacchi e riflessi meno pronti”: aggiunge Tullia Bevilacqua.

Le statistiche Inail e dell’ Osservatorio di Bologna dicono che: i morti sui luoghi di lavoro (esclusi i casi in itinere) si registrano per il 95% dove non è stato applicato l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e che a pagarne le spese sono sempre di più i lavoratori stranieri irregolari o clandestini e dunque privi di tutele.

Da mesi l’Ugl ha lanciato una dura battaglia per ampliare l’elenco delle professioni riconosciute usuranti (sicurezza civile, trasporto aereo e gli operatori che lavorano nel campo dell’assistenza, anche educativa, a bambini o disabili …) modificando i requisiti per l’approdo pensionistico, seguendo il principio di lasciare andare in pensione chi svolge lavori pericolosi e far lavorare in tarda età solo chi se la sente.

Il 25% di tutti i morti sui luoghi di lavoro ha più di 60 anni. Il 20% di tutti i morti sul lavoro si conta nel settore edile. La maggioranza di queste vittime cade dall’alto: dai tetti e dalle impalcature dei cantieri.

“Ma nelle aziende dove è presente il sindacato le morti sono quasi inesistenti: le poche vittime nelle fabbriche che superano i 15 dipendenti sono per la stragrande maggioranza lavoratori che lavorano in aziende appaltatrici nell’azienda stessa: spesso manutentori degli impianti. Con queste premesse, chiediamo al nuovo governo di mettere al centro dell’agenda di mandato e anche fra le priorità parlamentari, qualunque sia la maggioranza, la questione della lotta al precariato ed agli incidenti mortali sul lavoro. La nostra attenzione su questo gravissimo problema non verrà mai meno e come sindacato faremo la nostra parte fino in fondo”: conclude il segretario generale dell’ Ugl Emilia-Romagna, Tullia Bevilacqua.