Fra gli obiettivi della grande mostra On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017 – a Reggio Emilia dal 25 novembre 2017 al primo luglio 2018 – vi è quello di avvicinare l’archeologia e la storia al grande pubblico, da zero a 99 anni, alla riscoperta delle origini attraverso importanti reperti esposti in prestigiose location museali e sorprendenti contaminazioni che attualizzino il passato in maniera informale e creativa, raccontando il significato della strada consolare nella contemporaneità.

 

IL CONSOLE FA IL BIS – Con questo intento, la ‘regìa’ affida a Marco Emilio Lepido una parte non solo da protagonista, ma anche da ‘suggeritore di scena’: il console, ovvero la sua immagine, si sdoppia, per diventare testimonial e accompagnatore del pubblico alla mostra.

Una riproduzione fedele – ma con un’opportuna variazione sul tema – della statua settecentesca, che raffigura il console-fondatore nell’atrio d’ingresso del Palazzo del Comune, è stata realizzata con rilievo e modellazione 3D (stampante digitale) ed è stata collocata in piazza del Monte, nel cuore di Reggio Emilia, esattamente all’incrocio tra la Via Emilia e via Crispi, che ricalca il tracciato di un’altra strada romana, eccezionalmente obliqua rispetto all’orditura simmetrica del tessuto urbano antico, recentemente riportata alla luce sotto il vicino palazzo Busetti.

La statua in 3D del console è arrivata nel primo pomeriggio di oggi, a bordo di un furgone bianco, dai laboratori della società Geis – Geomatics engineering innovative solutions che l’ha realizzata, accompagnata da cinque operai che l’hanno poi installata in piazza, sotto gli occhi di decine di passanti incuriositi.

Il console in questo caso – è la variazione sul tema – è di colore blu e ha il braccio sinistro alzato e di colore bianco, a indicare via Crispi, da cui si raggiunge il Palazzo dei Musei, sede principale della mostra.

La statua-riproduzione ha un’altezza complessiva di circa tre metri, il peso di circa otto chilogrammi, è fissata su un podio ligneo zavorrato; è fatta di polistirene espanso sinterizzato con finiture in resine e verniciatura in colori blu e bianco, è collocata su una base dotata di epigrafi con riferimenti informativi alla mostra.

Ideatori e immagini di progetto assicurano sin da ora che il console è uguale a se stesso, ovvero all’originale settecentesco che tutti incontrano all’ingresso del Municipio: l’aria sorniona e familiare, la postura libera e sciolta, il corpo solido che accenna al movimento nella corazza muscolare portata con disinvoltura a protezione del busto in torsione e l’accentuato avanzamento della gamba.

 

IL RESTAURO DELL’ORIGINALE – Nel frattempo Angela Allini di Opus Restauri ha provveduto – grazie al contributo del Lions Club Marco Emilio Lepido di Reggio Emilia – al restauro del Marco Emilio Lepido all’ingresso del Palazzo del Comune, ad oggi unico tributo artistico della città al suo fondatore, presente a Reggio Emilia.

Si tratta di una splendida statua virile, abbigliata all’eroica, in stucco, a grandezza più che naturale. La superficie è trattata con una speciale patina che serve a conferire l’aspetto di un monumento in bronzo. Il restauro ha previsto la pulitura, la stuccatura, la reintegrazione delle lacune con colori reversibili. Restaurata completamente anche la decorazione della finta nicchia ‘ad illusionismo’ che corona la scultura.

Sono un ‘giallo’ le origini della statua settecentesca di Marco Emilio Lepido ed è perciò assai difficile la sua attribuzione. Dalla ricostruzione che Elisabetta Farioli, direttore dei Musei Civici, ha svolto in occasione della mostra, si deduce una possibile, non certa, attribuzione dell’opera ad Antonio Bernard, insegnante di plastica e scultura alla Scuola di Belle arti di Reggio Emilia negli ultimi anni del Settecento: gli elementi che caratterizzano la statua, spiega Farioli, “possono fare avvicinare l’opera alle esperienze della scultura francese degli ultimi decenni del XVIII Secolo, sul solco di Jean-Baptiste Pigalle ma con un progressivo avvicinamento alla poetica neoclassica. In particolare per Bertrand, della cui vita e poetica così poco conosciamo, un avvicinamento può essere proposto all’entourage degli scultori particolarmente impegnati nella costruzione dell’immaginario legato alle istanze rivoluzionarie del periodo, con riferimento per esempio al nome di Joseph Chinard, noto anche a Roma per le sue sculture riprese dall’antico”.

Anche nel Settecento come oggi, la figura del console nella sua città fu letta e interpretata nello stile e nella cultura contemporanea dell’epoca.

 

IL CONSOLE, I DUCHI D’ESTE E IL CARDUCCI NEI SECOLI – Per il resto, ripetutamente e occasionalmente nei secoli, Reggio Emilia si è occupata del suo fondatore. Memorabile, ricorda la stessa Farioli, la citazione di Giosuè Carducci nel celebre discorso del 1897 in occasione del primo centenario del Tricolore: “Reggio animosa e leggiadra, questa figlia del console Marco Emilio Lepido e madre a Ludovico Ariosto”.

Particolare attenzione fu riservata al console nel Rinascimento, quando la riscoperta della Classicità e l’ispirazione al mondo antico furono più intense nell’arte e nella cultura.

Una per tutte, forse la più importante ed emblematica, è la vicenda che nel Cinquecento coinvolse l’affermato architetto e scultore Prospero Sogari detto il Clemente – di scuola michelangiolesca, autore fra l’altro di Adamo ed Eva sulla facciata del Duomo, del Gesù che porta la Croce e della Mater Amabilis nella Basilica di San Prospero – e il suo illuminato e facoltoso committente, Gaspare Scaruffi, consulente economico del duca Alfonso II d’Este. Per omaggiare il sovrano in visita a Reggio, lo Scaruffi commissionò al Clemente due statue destinate alla facciata del Palazzo comunale: una di Ercole, il cui nome era fra quelli ricorrenti nella casata ducale, ed una di Marco Emilio Lepido. Entrambe bellissime, le sculture furono ricavate da un enorme blocco di marmo di Carrara, che raggiunse Reggio per via d’acqua: imbarcato nel Tirreno, circumnavigò l’Italia, fu traghettato lungo il Po sino a Ferrara e da qui a Reggio. Della collocazione sulla facciata del Comune non si fece però nulla e le sculture furono sistemate nel cortile del palazzo Scaruffi, sull’attuale via Crispi. Nel Seicento si tentò di venderle al duca Francesco I d’Este, raffinato cultore d’arte e autore di numerose sottrazioni al patrimonio reggiano, per la Reggia di Sassuolo, ma l’affare non andò in porto. Infine, nel 1724 l’Ercole e il Marco Emilio Lepido rinascimentali furono lasciati in eredità da Claudia Prati Scaruffi al duca Rinaldo d’Este e furono collocate all’ingresso grandioso del Palazzo Ducale di Modena, dove ancora oggi si possono ammirare.

 

GESTA E GLORIA: LA VITA IN BREVE DEL FONDATORE – Marco Emilio Lepido, appartenente a una delle più influenti famiglie patrizie della Roma repubblicana, fu due volte console, censore, princeps senatus per quasi tre decenni.

La sua data di nascita si colloca probabilmente nell’anno 230 a.C. I suoi esordi lo vedono in Egitto dove stabilì un accordo per contrastare le mire espansionistiche di re Filippo V di Macedonia.

Nel 191 a.C. venne nominato governatore della ricca provincia di Sicilia e solo nel 187 a.C. ottenne finalmente la carica di console. Insieme a Gaio Flaminio fu inviato nell’Italia settentrionale per combattere contro le tribù liguri non ancora sottomesse.

Inizia qui una vera e propria svolta nella sua visione politica. Lepido intravide le grandi possibilità che si offrivano a Roma in Italia settentrionale e in particolare nella Cispadana. Scelse di deportare in pianura gran parte delle popolazioni liguri sconfitte con una decisione che rivela la volontà di tentare un’integrazione e una pacificazione di vasta portata che doveva coinvolgere oltre i coloni romani anche le popolazioni locali: oltre ai Liguri, i Boi e le genti di tradizione etrusca che abitavano la pianura.

Da questa data in poi Lepido divenne l’indiscusso protagonista della romanizzazione della Cispadana, dimostrando impressionanti doti di pianificatore, costruttore di strade e di città. Nello stesso 187 a.C. concepì la realizzazione della grande strada che avrebbe collegato Piacenza a Rimini e che da lui prese il nome di Via Emilia. Nel 183 fu a capo della commissione triumvirale incaricata della deduzione di nuove colonie romane che sarebbero sorte sull’asse della Via Emilia: Mutina e Parma; nel 177 a.C. promosse la fondazione della colonia di Luni. Nel 173 a.C. istituì un Forum di cittadini romani che da lui prese il nome di Forum Lepidi, e successivamente, Regium Lepidi. Frattanto nel 180 era diventato pontefice massimo e nell’anno successivo aveva ricoperto la carica di censore a Roma; in quest’occasione aveva promosso la costruzione della Basilica Aemilia, nel Foro romano. Si spense nell’anno 152 a.C. coperto di gloria ed onori.