Un ricercatore bolognese è in finale agli Issnaf Award, il riconoscimento messo in palio dalla fondazione che riunisce oltre 4mila ricercatori e docenti italiani in Nord America. I vincitori saranno selezionati all’interno dell’evento annuale Issnaf, il 7 e 8 novembre 2017 all’Ambasciata italiana di Washington, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Sono i 16 finalisti degli ISSNAF Awards, ricercatori italiani under 40 selezionati tramite un bando in 5 campi di ricerca. Saranno premiati i 5 migliori elaborati.

I settori di ricerca sono la leucemia (Paola Campese Award for Research on Leukemia), scienze ambientali, astrofisica e chimica (ISSNAF Young Investigator Award – Environmental Sciences, Astrophysics and Chemistry), medicina, scienze della vita e cognitive (Hogan Lovells Award for Medicine, Biosciences and Cognitive Science),  matematica e fisica (Annamaria Molteni Award for Mathematics and Physics), ingegneria (Franco Strazzabosco Award for Young Engineers).

Ad essi si aggiunge la vincitrice dell’ISSNAF Life Achievement Award, la biologa marina Rita Rossi Colwell, Distinguished University Professor alla University of Maryland, già Director della National Science Foundation dal 1998 al 2004 e fra i membri fondatori di ISSNAF.

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Il famoso acceleratore di particelle LHC (Large Hadron Collider) del Cern di Ginevra, il più grande acceleratore al mondo, in cui si testano le interazioni tra i blocchi più piccoli della materia, funziona grazie a migliaia di sofisticati magneti superconduttori, che servono a controllare i fasci di particelle che viaggiano quasi alla velocità della luce. Emmanuele Ravaioli, 33enne ingegnere bolognese, lavora alla protezione di questi magneti. Lo fa da ormai due anni al Lawrence Berkeley National Laboratory, in California, dopo una lunga esperienza al Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare.

«Faccio parte di un team di decine di persone in Europa e negli Usa – racconta –: chi si occupa del design dei magneti, chi li costruisce, chi li testa e chi verifica la loro performance. Io mi occupo della protezione dei magneti dopo un “quench”, un evento che può causare un aumento molto veloce della temperatura nel magnete. Per evitare danni ai magneti, è necessario progettare un sistema che rilevi il quench e agisca in poche decine di millisecondi. Per simulare questi complessi transitori, sviluppo i modelli elettrici e termici dei magneti e verifico che i magneti si comportino come previsto».

I magneti sono installati lungo il tunnel dell’LHC, una galleria circolare sotterranea lunga 27 chilometri. Alcuni magneti controllano i due fasci di particelle per mantenerli in una traiettoria circolare. Altri magneti fanno curvare i fasci per farli scontrare l’uno contro l’altro. Altri magneti “strizzano” i fasci appena prima che la collisione avvenga, per aumentare la probabilità di interazione tra le particelle, ovvero aumentare la “luminosità” dell’acceleratore. «Questi esperimenti permettono ai fisici delle particelle di investigare i blocchi più piccoli che costituiscono la materia – spiega Ravaioli –. Uno di questi, diventato famoso recentemente, è il bosone di Higgs, teorizzato nel 1964 e rilevato per la prima volta nel 2012 proprio al LHC del Cern. Per arrivare a quella scoperta sono stati analizzati moltissimi dati generati nelle collisioni».

Emmanuele Ravaioli si è laureato in Ingegneria energetica all’Università di Bologna nel 2008 con il professor Marco Breschi. Dopo la laurea ha ottenuto una fellowship triennale al Cern di Ginevra. Successivamente ha conseguito il dottorato al Cern in collaborazione con l’Università di Twente, in Olanda. Al termine di questa esperienza è stato assunto per un periodo di ricerca post-doc negli Usa, al laboratorio Lawrence Berkeley National Laboratory, che afferisce al Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ed è gestito dall’Università della California. «A Berkeley sono arrivato il 31 ottobre 2015, ma abito a San Francisco, città molto interessante» racconta.

«Ci sono pochi laboratori al mondo dove si lavora su magneti di questo tipo – dice Ravaioli –, la competizione è abbastanza alta e tengo in considerazione, in futuro, la possibilità di spostarmi altrove. Questo è l’aspetto negativo della carriera che ho scelto: devo essere flessibile e mettere il lavoro davanti ad altre cose. Venire qui è stato un passo che mi ha portato tanta felicità, ma sicuramente è costato sacrifici, soprattutto per la lontananza dalla mia famiglia. La vita in Europa mi dà un’idea di maggiore stabilità a lungo termine, dal punto di vista della protezione sociale e la possibilità di stringere amicizie più profonde e durature. Negli Usa è più facile organizzarsi con le persone, c’è la cultura dell’ottimismo e l’abitudine a ripartire sempre da zero dopo un fallimento».