“Un’arma non è di per se una cosa buona o cattiva.
Un’arma è un’arma, è uno strumento, ed è’ l’uso che si fa dell’arma a connotarne la valenza.
L’indulto non è una scelta negativa in se poichè anch’esso è uno strumento, ed anche in questo caso i motivi per cui si adotta un provvedimento del genere valgono a spiegarne la necessità”.


“Qualche anno fa Giovanni Paolo II, davanti ad una situazione carceraria italiana indegna per un paese civile come il nostro, culla del diritto, aveva chiesto un gesto di clemenza che potesse alleviare le pene di chi, condannato, stava scontando la pena in carcere in condizioni inaccettabili.
Per evitare che la Giustizia sia trasformata in vendetta; per rispettare l’assunto costituzionale che vede la pena finalizzata a rieducare e non solo a retribuire il condannato con altro male per di più ingiusto; per rispettare la dignità dell’uomo e ricondurre la popolazione carceraria entro limiti che permettano ai programmi di recupero d’essere efficaci, il Pontefice avanzò questa richiesta al Parlamento Italiano o quantomeno sollevò il problema, ma l’argomento non trovò sensibilità politica.
A distanza di pochissimi anni il nostro Parlamento con una nuova maggioranza, che dei suoi “no ai condoni fiscali” ha fatto il vessillo etico contro l’ex-Governo, con un accordo “bi-partisan” vota, con l’ex-maggioranza, un provvedimento di indulto!
Sono note a tutti le riprese delle aule parlamentari d’inverno dove è difficile vedere qualche onorevole al suo posto di lavoro e risulta incredibile che i 2/3 del parlamento, se non di più, si sia dato appuntamento alla fine di Luglio a Roma, lasciando le proprie famiglie al mare, per andare a votare una legge di clemenza.
Delle due l’una, o ricordando le parole del Pontefice sono stati colpiti come S. Paolo da Tarso sulla via di Damasco, mossi da una filantropia degna della migliore Madre Teresa di Calcutta o qualcosa bolle in pentola.
Sembra che grazie a questa manovra i procedimenti relativi alle indagini sulle cooperative umbre e quelle sulla questione Unipol, rischiano di essere messi su un bel binario morto, poiche’ a questo punto il gioco non varrebbe più la candela.
Purtroppo l’impossibilità di destinare l’indulto “ad personam” presenta la clausola vessatoria del dover far rientrare un 13.000 detenuti nel provvedimento, che però può sempre essere presentato come un bel gesto di clemenza!!.
Passi la provocazione, o quanto meno è stata colta l’occasione per coniugare le due esigenze approfittando degli interessi convergenti.
Ecco quindi che la nostra categoria non può non prendere atto di questi sospetti rafforzati dal ragionamento che se avessero voluto semplicemente svuotare le carceri avrebbero potuto tranquillamente con una legge ordinaria diminuire la pena a coloro che già ci stavano in carcere, senza optare per un indulto con effetto su tutti i reati commessi prima della legge.
Purtroppo anche queste scelte sono e debbono essere materia di critica sindacale poiche’ non solo in questo modo il nostro lavoro viene parzialmente vanificato ma l’incolumità del personale ulteriormente posto in gioco per ovvie ragioni.

Il motivo del provvedimento poteva essere compreso se innanzitutto fosse stato circoscritto solo alla popolazione carceraria, selezionata in base alla gravità dei reati commessi, e supportato da un proposito di maggior spesa in futuro per l’amministrazione della Giustizia con l’avvio di nuove case circondariali, servizi di sostegno e reinserimento, e l’assunzione di personale penitenziario.
A queste condizioni uno sconto di pena per chi delinque poteva risultare più comprensibile ed accettabile sotto un profilo etico anche per la nostra categoria che non solo lavora per questa società, ma ne fa parte responsabilmente”.

(Segreteria Provinciale CONSAP Modena)