I lavoratori in nero in Italia sono un esercito di 3.237.800 unità di lavoro standard. Ovvero, come se in Italia ci fossero oltre 3.200.000 lavoratori che per 8 ore al giorno sono impiegati in attività non regolari. Tra questi ci sono 2.664.500 lavoratori dipendenti (pari all’82,3% del totale) ai quali si aggiungono 573.300 lavoratori autonomi (pari al 17,7% del totale).

Ma la cosa più sorprendente, affermano dalla CGIA di Mestre che ha curato l’elaborazione, se nei lavoratori autonomi (cioè tra gli artigiani, i commercianti, i liberi professionisti, etc.) il tasso di irregolarità (che corrisponde all’incidenza percentuale dei lavoratori in “nero” sul totale dei lavoratori autonomi), è pari all’8,1%, tra i dipendenti la percentuale di irregolarità arriva a toccare il 15,5%.

Insomma, il lavoro nero “alberga” più tra dipendenti, che hanno un secondo o un terzo lavoro, che tra gli autonomi.

“Un dato molto significativo – commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – che ci consente di fare un’importante considerazione sulle ipotesi che sono emerse in questi giorni dopo la nascita del nuovo Governo. Ovvero, l’intenzione di rimettere in ordine i conti pubblici attraverso una dura lotta all’evasione. Colpendo chi ? Gli autonomi, naturalmente. Ebbene, questi dati, in maniera inoppugnabile, ci dicono che ad esercitare maggiormente l’attività sommersa sono i dipendenti e non gli autonomi. Pertanto, a nostro avviso, devono essere i primi a finire nel mirino dell’Amministrazione finanziaria e non i secondi”.



Ritornando ai dati si scopre così che nel 1993 il lavoro nero riguardava 3 milioni 142 mila 800 persone, e che nel 2003 si è arrivati a quota 3 milioni 237 mila 800. Praticamente 95 mila lavoratori in più che rimangono ai margini del mercato occupazionale senza alcuna garanzia per il presente e, soprattutto, per il futuro. Per la precisione i dipendenti in nero sono passati dai 2 milioni 576 mila 100 unità nel 1993, ai 2 milioni 664 mila 500 nel 2003; contemporaneamente – spiegano alla CGIA di Mestre – gli autonomi che rimangono all’ombra del mercato del lavoro da 566 mila 700 sono saliti a quota 573 mila 300.


Per i dipendenti, dunque, l’aumento calcolato dall’associazione artigiani mestrina è del 3, 4 per cento e per gli autonomi dell’1, 2 per cento.


Altrettanto interessanti, come ricordavamo all’inizio, sono i dati rilevati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre sul tasso di irregolarità. Ebbene, il risultato è che il 15,5 per cento dei dipendenti nel nostro paese non ha alcun contratto, mentre tra gli autonomi la percentuale è dell’8,1 per cento. Praticamente quasi il doppio.