Gli studi di settore, che hanno come obiettivo quello di combattere l’evasione fiscale, sono applicati al 71,9% dei lavoratori autonomi e delle piccole aziende italiane. Liguria (79,7%) e Lombardia (79,2%) sono le regioni dove gli studi, vengono applicati di più. E’ quanto emerge da un’analisi della Cgia di Mestre.

A seguire ci sono la Toscana (76,4%), l’Emilia Romagna (74), il Lazio e la Campania (73,5%), la Calabria (72,7%), il Piemonte (72,2%), la Valle d’Aosta (71,4%) e il Friuli Venezia Giulia. (71,3%) A metà graduatoria il Veneto (70,8%), le Marche (69,5%), l’Umbria 68%), la Sardegna (67,3%), l’Abruzzo (65,1%), la Sicilia (64,5%), la Puglia (63,5%), Il trentino Alto Adige (62,8%), la Basilicata (55,1%). Chiude il Molise (54%).

La Cgia ha istituito un osservatorio ad hoc sugli effetti degli studi di settore sulle partite iva italiane. ‘Questo strumento fiscale – commenta il segretario Bortolussi – sembra essere sempre più sfasato rispetto alla reale situazione economica delle imprese. Si pensi, ad esempio, ad alcuni parametri come la previsione di aumento del fatturato. Abbiamo deciso di chiedere all’Agenzia delle Entrate un attento esame della situazione di alcuni settori come il legno, la meccanica, l’abbigliamento e l’elettromeccanica. Chiedendo, nei casi maggiormente critici anche la momentanea sospensione dell’applicazione degli studi stessi’.