Statuette in terracotta colorata con Gesù, Maria, Giuseppe e i pastori ricreano la magia della notte di Natale, mentre Bambini di cera racchiusi sotto campane di vetro testimoniano la devozione all’infanzia di Cristo. E’ un piccolo viaggio nella tradizione e nella sensibilità religiosa l’esposizione “Antichi presepi in mostra”, aperta sino al 31 gennaio nella chiesa del Voto, in via Emilia (tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19, ingresso libero) per iniziativa del Museo civico d’arte, che custodisce una preziosa raccolta di presepi di pregio storico e artistico.

Il gruppo di statuette del Museo, riconducibile ad un ignoto artigiano che si firma “Geminiano Pini 1829” e donato nel 1990 da Innocenza Rosselli-Capitani, ha statuette modellate senza l’ausilio di stampi, in parte probabilmente realizzate da plasticatori dilettanti che lavoravano nelle numerose fornaci della bassa modenese.

Era una consuetudine diffusa in tutta Italia quella dei “figurinai” i quali, impegnati spesso in altre occupazioni, si dedicavano a questa manifattura per “arrotondare” i salari. Il presepe di casa Rosselli è allestito in una vera e propria scenografia che, in sintonia con le statuette e con la secolare tradizione emiliana, evoca uno scorcio rurale della bassa. La suggestiva ambientazione fu eseguita nel 1992 per il Museo civico d’arte da Koki Fregni, scenografo del Teatro Comunale. Anche il culto per l’infanzia di Cristo ha radici profonde che si legano alla pietà popolare nelle sue molteplici forme: dalle sacre rappresentazioni medievali alla meditazione sull’umanità del figlio di Dio condotta nel chiuso dei monasteri o delle case private.

Bambini in cera, stucco, legno o terracotta provvisti di interi corredi compaiono fin dal Cinquecento negli inventari delle doti delle ragazze che andavano spose o entravano nei conventi, una devozione che si intensifica tra il Sei e l’Ottocento. Molti furono i luoghi di produzione di questi oggetti che, non di rado, si staccano nettamente dalla fattura artigianale entrando in ambiti artistici di alto livello. La delicata consistenza dei materiali con i quali erano realizzati i Bambini, talvolta di dimensioni molto ridotte, quasi imponeva la loro conservazione in scrabattoli o campane di vetro. Significativo, a questo proposito, è il Bambin Gesù in cera contenuto entro una teca, inserita a sua volta in un reliquiario di legno intagliato e dorato. Databile tra Sette e Ottocento, la figurina è adagiata su un piccolo cuscino in tessuto broccato ed è circondata da volute di carta dorata e da di fiori confezionati con bozzoli di baco da seta. Sia la confezione del Bambino che quella degli elementi decorativi rientrano nell’ambito di una particolarissima produzione nella quale si specializzarono le monache di molti ordini di clausura. Nell’ambito della devozione domestica si colloca, invece, il Bambino in cera con scarabattolo dipinto, donato da Anton Celeste Simonini al Museo nel 1972.

L’ultimo pezzo esposto, donato nel 2003 da Maria Segapeli, è invece in cartapesta con un coprifasce di taffetas e merletti di seta e filato metallico, esemplare che appartiene a una tipologia piuttosto frequente nelle chiese e legato alle festività natalizie.