La Regione Emilia-Romagna in compagnia di altri enti bolognesi ha stipulato un accordo con la Cina e costituito una nuova Associazione denominata Collegio di Cina-Centro. La nuova alleanza dovrebbe garantire una cooperazione tra le due differenti realtà commerciali e imprenditoriali.
Il mercato cinese da oltre una decina d’anni presenta un trend in forte crescita, tra i più elevati a livello mondiale.


“La Cina anche oggi – rileva il Consigliere Regionale Fabio Filippi in opposizione alla proposta regionale – non rispetta i diritti umani e non tutela i lavoratori. Si viene ancora condannati a morte per crimini di pensiero politico, culturale o religioso.
In più è nota a tutti la concorrenza “sleale” che la Cina sta facendo da alcuni anni all’Italia e all’Europa. Dobbiamo difendere il patrimonio delle nostre aziende, create dai nostri padri e dai nostri nonni. Se vogliamo continuare a salvaguardare i diritti dei nostri lavoratori è necessario riequilibrare la concorrenza dei paesi asiatici, Cina in primis. Il liberismo è una bella cosa, ma solo se avviene in termini di reciprocità tra paesi che hanno caratteristiche simili e che hanno raggiunto un equilibrio sociale adeguato. La Regione Emilia-Romagna con questa proposta promuove il trasferimento delle imprese emiliano romagnole in estremo oriente, sponsorizzando lo sfruttamento della manodopera a basso costo.
In questo modo – aggiunge Filippi – ad essere danneggiati sono i nostri lavoratori, se la produzione verrà trasferita in Cina cosa faranno? Si trasferiranno là? Oppure perderanno la propria occupazione. Chi pagherà per questi errori? Come si può trasferire la produzione in Cina e continuare ad utilizzare il marchio Made in Italy?
Lo stesso Romano Prodi qualche mese fa ha criticato la scelta della Regione Emilia-Romagna di intrattenere unilateralmente rapporti economici con giganti come la Cina.
Un ente pubblico come la Regione Emilia-Romagna – conclude il Consigliere Regionale – non può dimenticarsi dei valori cardine che da sempre caratterizzano la nostra società, Errani non può seppellire le nostre costumanze solo per avvantaggiare un regime dittatoriale. In questo caso si contribuisce solo a peggiorare la crisi dell’Occidente.”