La famiglia deve tornare a essere al centro delle politiche sociali a livello locale, perché se va in crisi la famiglia va in crisi l’intera società modenese. Lo afferma la Cisl di Modena, che ha analizzato i dati diffusi dal Centro diocesano di consulenza per la famiglia, dai quali emerge un crescente disagio nei nuclei familiari, specialmente dei padri.

«Quei dati non ci sorprendono, – afferma il segretario provinciale della Cisl Francesco Falcone – anche il sindacato percepisce da tempo la contrapposizione tra famiglia e lavoro, che rischia di mettere in crisi le relazioni tra i coniugi e di impoverire il rapporto genitori-figli. Deve tornare d’attualità il tema degli orari di lavoro e dei tempi della città, di cui si è parlato molto negli anni scorsi, ma senza giungere a risultati concreti. La conseguenza è che oggi i cittadini modenesi faticano a conciliare le esigenze del lavoro con quelle familiari e personali.
Questo vale soprattutto per i nuovi lavori: la flessibilità non è quasi mai a favore del lavoratore, ma solo dell’impresa. È un problema serio, che va affrontato anche dalla politica, a partire dai prossimi bilanci comunali». Secondo Falcone è necessario sviluppare un welfare di comunità, cioè un sistema sociale che adotta il punto di vista della famiglia e lo applica nelle politiche fiscali, abitative, educative, socio-sanitarie. «Dobbiamo riconoscere la famiglia in quanto comunità, non semplicemente come una somma di individui che vivono insieme per convenienza. Per questo – continua Falcone – le famiglie devono essere coinvolte nella programmazione delle politiche ed essere messe nella condizione di partecipare ai processi decisionali che le riguardano». Per il segretario della Cisl, poi, meritano particolare attenzione e sostegno le famiglie che hanno a carico persone non autosufficienti e che, per assisterle, si rivolgono alle badanti.

«L’aumento costante della richiesta di lavoro di cura domestico dimostra che il nostro welfare è da riformare, altrimenti – prevede Falcone – l’invecchiamento della popolazione e l’inadeguatezza dei servizi rischiano di impoverire anche economicamente famiglie già in difficoltà dal punto di vista sociale. Nello stesso tempo si corre il pericolo di rendere permanente la precarietà degli immigrati, spesso irregolari, disposti a svolgere quel lavoro di cura e assistenza.
Per questo è necessario costituire a livello nazionale il fondo per la non autosufficienza e incrementare il fondo che abbiamo ottenuto a livello regionale grazie all’impegno costante dei sindacati dei pensionati. Ma c’è bisogno anche una rete di servizi a livello locale che favorisca una maggiore inclusione dei tanti che sono oggi esclusi e che – conclude il segretario Cisl – sostenga le famiglie realmente bisognose».