Da oggi i contratti di collaborazione coordinata e continuativa vengono sostituiti definitivamente dai contratti a progetto previsti dalla Legge Biagi approvata nell’autunno del 2003. Addio ai co.co.co, pertanto: la conferma è arrivata due giorni fa dallo stesso ministro del Welfare, Roberto Maroni, che ha escluso ogni possibile proroga della riforma, nonostante siano molte le imprese che la chiedono.


Le collaborazioni coordinate e continuative, ha spiegato più volte il sottosegretario al Lavoro Maurizio Sacconi, sono il “vero buco nero quando nascondono un’odiosa forma di precarizzazione”. Alcune aziende, infatti, in questi anni hanno abusato di questa forma di contratto, applicandolo anche a lavoratori con un ruolo pienamente assimilabile a quello dei dipendenti regolarmente assunti. L’obiettivo, dunque, è quello di fare chiarezza eliminando la “patologia” del lavoro subordinato mascherato da contratto co.co.co.

Con le nuove regole, dice infatti la circolare, “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso sono considerati rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto”. I nuovi rapporti di collaborazione non occasionale, dunque, dovranno essere “riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato”. A un anno dall’entrata in vigore del decreto attuativo della Legge Biagi (23 ottobre 2003), dunque, anche gli ultimi scampoli di contratti co.co.co devono sparire. La legge prevedeva infatti un regime transitorio per le collaborazioni già stipulate al 23 ottobre dell’anno scorso, che per i successivi 12 mesi sono rimaste in piedi. Anche se in caso di accordo aziendale con il quale il datore di lavoro contratta con i sindacati la transizione di questi lavoratori verso il lavoro a progetto o verso quello subordinato, i tempi per adeguarsi si allungano.