“In Italia il matrimonio tiene sempre
meno, come i dati dimostrano, ma questa tendenza a separarsi è
comunque più lenta rispetto ad altri paesi europei. Insomma,
siamo ancora su dimensioni tradizionali”: è il commento del
vicedirettore del Censis, Carla Collicelli, al trend crescente
di separazioni e divorzi in Italia.

Considerando il dato dei divorzi ogni mille abitanti,
infatti, gli ultimi dati a disposizione del Censis e relativi al
1998 danno il rapporto in Italia allo 0,6 contro il 2,1 della
Francia, il 2,3 della Germania e il 2,9 della Gran Bretagna.
Comunque, quello in atto è considerato dai ricercatori del
Censis “un processo di laicizzazione del matrimonio, che non è
più considerato definitivo”, e questo avviene “soprattutto
nei grandi centri urbani”.
La famiglia “é cambiata”, ma rimane “una forte tenuta
dell’istituto matrimoniale”. Il nucleo familiare – spiega
Collicelli – è “ancora il polo degli scambi, del sostegno
reciproco” e nonostante le nuove forme che assume, dalla
famiglia allargata a quella mononucleare, conserva stabilità e
tenuta, perché non ci sono altri luoghi dove comunicare,
scambiare affetti, ottenere e dare sostegno”. “La gente, in
effetti – continua – aspira a sposarsi, i single a vita sono
pochi”.


Quindi in Italia, rispetto ad altri paesi europei, ci si
sposa ancora molto, ma lo si fa sempre più tardi nella vita, e
questo comporta che l’abitudine a vivere da soli, che si
consolida nel tempo, rende poi più difficile stare in coppia e
“modularsi” sui ritmi e le abitudini dell’ altro. Questo, per
Carla Collicelli, può essere uno dei motivi principali del
fallimento di tante unioni, insieme al fatto che spesso ci si
sposa senza la necessaria consapevolezza di ciò che significa.
Insomma, matrimoni “superficiali” che quindi alle prime
difficoltà vanno in tilt. E in questo “il modo in cui i mass
media rappresentano il rapporto di coppia e familiare non
aiuta”, afferma il vicedirettore del Censis, che cita i
numerosi talk show televisivi come pessimo esempio. Infine,
bisogna aggiungere le novità derivanti dal nuovo ruolo della
donna e dalla mobilità sempre maggiore del lavoro: fattori
“destabilizzanti” che rendono sempre più precario lo stare
insieme. “Era più semplice – conclude – mantenere la
stabilità quando la donna stava a casa e il marito lavorava”.