L’inflazione a marzo resta ferma al
2,5%, stesso livello di febbraio: lo conferma l’Istat
aggiungendo che la crescita dei prezzi al consumo è stata nel
mese dello 0,1%.

Negli ultimi dodici mesi, conferma
inoltre l’Istat, la variazione dell’indice per l’intera
collettività (Nic) è pari a +2,7%. L’indice calcolato senza
tabacchi presenta una variazione di +0,2% mensile; +2,5% annua e
+2,7% nei dodici mesi. Per quanto riguarda invece l’indice
armonizzato europeo si registra una variazione mensile di +0,9%
dovuta soprattutto agli aumenti registrati per abbigliamento e
calzature dopo i saldi e gli sconti dei primi due mesi dell’anno
mentre, sempre per l’armonizzato, l’aumento annuo è del +2,5%.
Per quanto riguarda l’indice nazionale, invece, gli aumenti
congiunturali più alti sono stati registrati dall’Istat nei
settori: alberghi, ristoranti e pubblici esercizi (+0,4%).
Questo momento è dovuto sia ai rincari degli alberghi sia ad un
incremento dei prezzi nei bar. Seguono con un aumento dello 0,3%
su febbraio i settori: abbigliamento e calzature (anche in
questo caso per il rientro dei prezzi dagli sconti dei mesi
precedenti); trasporti (per i rincari registrati soprattutto
dalla benzina) e ricreazione, spettacoli e cultura, per gli
aumenti registrati soprattutto agli abbonamenti per gli impianti
di risalita in montagna. Variazioni pari a zero si registrano
alla voce ‘altri beni e servizi’ e ‘istruzione’, mentre continua
a scendere il prezzo alla voce comunicazioni (-0,1%), grazie
soprattutto ai prezzi della telefonia. Variazione negativa
(-0,2%) anche per la voce: abitazione, acqua, elettricità e
combustibili che ha risentito soprattutto del calo del prezzo
del gas.
Sull’andamento mensile dell’indice armonizzato europeo invece
ciò che ha inciso maggiormente sul +0,9% rispetto a febbraio
è stata la voce ‘abbigliamento e calzature’ che ha registrato
un aumento mensile del 6,6% (+3,4% annuo), che va confrontato
però con un calo del 4,9% registrato nel mese dei ‘saldi’,
ovvero febbraio. Tra gli altri indici forniti dall’Istat quello
relativo alle famiglie di operai e impiegati che hanno visto un
aumento mensile dei prezzi al consumo pari allo 0,3% ed un
livello di poco più basso rispetto all’intera collettività per
la variazione annua (+2,4%).