La concessione degli arresti
domiciliari a Paola Mantovani, accusata dell’omicidio del figlio 14enne Matteo, e’ dovuta al fatto che non esiste pericolo di fuga o
di reiterazione del reato. Ma ovviamente la donna non poteva
tornare nella casa in cui il ragazzino e’ stato ucciso e in cui
avrebbe ritrovato il marito.

Romano Nadalini ieri e’ andato
regolarmente al lavoro nella sua piccola officina meccanica.
”Mia moglie deve spiegarmi delle cose”, aveva detto due giorni
fa dopo il fermo.
Paola Mantovani e’ stata accusata dell’omicidio premeditato
del figlio, affetto da autismo, soprattutto sulla base dei
riscontri del Dna sugli oggetti trovati sulla scena del delitto,
in particolare sul nastro adesivo stretto sul sacchetto che e’
servito a soffocare Matteo, che fece resistenza al suo
aggressore. Quel nastro venne tagliato con un morso.
Gli investigatori stanno cercando un’altra persona, che
potrebbe aver aiutato la donna nella messinscena dell’omicidio,
mascherato da rapina. La Mantovani infatti, la sera del 12
settembre, al rientro del marito che aveva spedito a comprare un
gelato, fu trovata legata e immersa nella parte bassa della
piscina. Anche secondo i primi soccorritori difficilmente la
donna si sarebbe potuta legare da sola in quel modo. Nell’
abitazione di Limidi sarebbe stato trovato almeno un reperto,
forse una traccia di saliva, con un Dna ‘sconosciuto’, che
sicuramente non appartiene al marito. I carabinieri e il
procuratore aggiunto, Manfredi Luongo, non hanno smentito che si
stia cercando un’altra persona, pur precisando pero’ che questo
non significa necessariamente l’esistenza di un complice.
Un’altra parte dell’indagine riguarda i farmaci che venivano
somministrati a Matteo per controllare gli effetti della
malattia. Una delle ipotesi e’ che a
Matteo quella sera sia stato somministrato un farmaco in dose
massiccia per allentarne la difesa. Che comunque ci fu quando
comincio’ l’azione di soffocamento.