Non ci fu alcuna rapina la notte del 12
settembre nella villa della famiglia Nadalini a Limidi di
Soliera, nella campagna modenese: e a uccidere Matteo, 14 anni,
malato di autismo, soffocato con un sacchetto di nailon, fu sua
madre, Paola Mantovani, sottoposta dai carabinieri a fermo di pg
con l’ accusa di omicidio premeditato, con l’ aggravante dell’
efferatezza del delitto: perche’ il bambino, prima di morire,
”lotto’ e soffri”’.
Per gli investigatori, cosi’ andarono le cose.

E nel
pomeriggio, il Procuratore aggiunto di Modena Manfredi Luongo,
affiancato dagli ufficiali dei carabinieri, ha ripercorso i
riscontri e le prove raccolte in oltre un mese di indagini: la
rapina fu una messa in scena e la donna, ”a carico della quale
ci sono indizi corposi, potrebbe anche essere stata aiutata”.
Pero’ non dal marito che, ha aggiunto ancora il magistrato,
”non e’ indagato”. Decisivi per ricostruire cio’ che avvenne
quella sera, sono stati i risultati della consulenza
biologica-dattiloscopica dei carabinieri del Ris (Raggruppamento
investigazioni scientifiche) del colonnello Luciano Garofano,
che era al fianco di Luongo, insieme al colonnello Giuseppe
Governale dei carabinieri di Modena.
”Abbiamo trovato tracce biologiche significative della madre
in alcuni reperti”, ha spiegato Garofano. Tracce che smontano
il racconto della mamma di Matteo, perche’ ”incompatibili con
la versione resa dalla donna”, ha precisato il Procuratore. In
particolare il Dna e’ stato rintracciato, ricavandolo da tracce
di saliva, sul nastro adesivo che fu usato per legare al collo
della giovane vittima il sacchetto di nailon: un nastro –
accertarono i carabinieri – che infatti fu strappato con i
denti. La stessa macchia indelebile e’ stata trovata sul nastro
con la quale la donna fu trovata legata dai primi soccorritori
dentro la piscina: peccato che, sempre secondo il racconto della
madre della Mantovani, a usare il nastro sarebbero stati i
rapinatori. Ma tracce ”biologiche” – probabilmente sudore – i
militari del Ris le hanno scovate pure dentro ai guanti che,
ancora nella versione della donna, erano stati usati sempre dai
rapinatori. Invece, per i carabinieri, tutte le tracce
biologiche, o quasi tutte, frammenti di unghie, capelli, saliva,
perche’ da tutto questo puo’ essere spremuto Dna, portano a
Paola Mantovani.
Quasi tutti, perche’ un dubbio resta: che qualcuno abbia
aiutato la donna. Ombra lasciata dalle parole del Procuratore e
da quelle di Garofano: ”Non escludo sviluppi interessanti – ha
detto – perche’ abbiamo una serie di reperti molto
interessanti”. E alla domanda diretta dei cronisti – Avete
trovato tracce biologiche di qualcun altro? – i dubbi non
vengono soffiati via: ”Non abbiamo finito”. E su questo le
indagini stanno continuando. Davanti a una tale mole di
riscontri, la donna non ha risposto.
I carabinieri l’ avevano prelevata da casa intorno alle
21,30 di ieri sera e, insieme ad altri familiari, avevano
iniziato a sentirla: poi, alle 2 di notte, l’ interrogatorio era
stato interrotto perche’ la donna, da persona informata dei
fatti, avrebbe dovuto essere ascoltata come indagata. Ma, dopo
il colloquio con l’ avvocato, Paola Mantovani non ha piu’ detto
nulla. E gia’ domani protrebbe esserci l’ udienza davanti al Gip
per la convalida del fermo.
Nella gente che li conosceva, anche se i dubbi nacquero
subito – ”strana, incredibile rapina” commento’ Luongo – il
colpo di scena e’ notevole: ”L’ ultima cosa cui credo e’ che
sono stati loro”, ha detto nel pomeriggio un uomo che conosce
la famiglia Nadalini da trent’ anni e che, pure ”l’ altra sera
aveva parlato con Paola, trovandola distrutta”. E distrutta la
donna era apparsa anche al funerale del figlio, quando resto’ a
lungo con il capo abbandonato sulla spalla del marito che l’
abbracciava. Ma anche fra i vicini c’ era chi aveva sospetti:
tanto che, qualcuno, ieri sera, ha scritto con un dito sulla
polvere di una delle macchine dei carabinieri che hanno
prelevato la donna: ”Sei stata tu”. Perche’ se per alcuni
quella ”era una famiglia felice”, secondo altri, ”negli
ultimi tempi i problemi con il bambino erano aumentati, forse
tanto da rendere la vita un inferno”.